Con sentenza n. 4467 dell’11.2.2022, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi delle vicende del contratto preliminare di vendita immobiliare, allorquando non venga consegnato al promissario acquirente il certificato di abitabilità o di agibilità, giungendo all’affermazione che non si tratta necessariamente di causa di risoluzione.
Deve, infatti, osservarsi che la risoluzione per inadempimento del contratto può pronunciarsi soltanto a fronte di un inadempimento “grave” e che anche nell’ipotesi in cui l’inadempimento attenga alla mancata consegna del certificato di cui sopra, il Giudice non deve affermare sic et simpliciter la risoluzione, ma deve verificare se tale omissione comporti un inadempimento grave ed importante in relazione alla commerciabilità del bene.
Nel caso esaminato dalla S.C., in corso di causa si era accertato che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate, a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda.
La Corte ha avuto modo di precisare che “nella vendita di immobili destinati ad abitazione, pur costituendo il certificato di abitabilità un requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della normale commerciabilità del bene, la mancata consegna di detto certificato costituisce un inadempimento del venditore che non incide necessariamente in modo dirimente sull’equilibrio delle reciproche prestazioni, sicchè il successivo rilascio del certificato di abitabilità esclude la possibilità stessa di configurare l’ipotesi di vendita di “aliud pro alio” (cfr. Cass. 13.8.2020, n. 17123; cfr. altresì Cass. 18.3.2010, n. 6548, secondo cui, nel caso di compravendita di una unità immobiliare per la quale, al momento della conclusione del contratto, non sia stato ancora rilasciato il certificato di abitabilità, il successivo rilascio di tale certificato esclude la possibilità stessa di configurare l’ipotesi di vendita di “aliud pro alio” e di ritenere l’originaria mancanza di per sè sola fonte di danni risarcibili”.
Aggiunge, infine, la S.C. “Si rimarca, sotto altro profilo, che, nei contratti con prestazioni corrispettive, ai fini della pronuncia di risoluzione per inadempimento in caso di inadempienze reciproche, il giudice di merito è tenuto – imprescindibilmente – a formulare un giudizio (incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato, recte, al cospetto del novello dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 incensurabile in sede di legittimità se non vi è stato omesso esame circa fatto decisivo e controverso) di comparazione in merito al comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed all’oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale (cfr. Cass. 9.6.2010, n. 13840; Cass. 16.9.1991, n. 9619)”.
In conclusione, può affermarsi che la mancata consegna del certificato di abitabilità comporta la risoluzione per inadempimento del venditore, soltanto nell’ipotesi in cui sia ab origine esclusa la possibilità del rilascio del detto certificato e, comunque, a seguito della verifica da parte del Giudice della gravità e dell’importanza del detto inadempimento in relazione alla commerciabilità del bene.